Per tante attività – anche le digitali – il periodo pandemico è stato un vero e proprio spartiacque. Chi ha séguito l’evoluzione dei motori di ricerca in quel preciso momento, si è reso conto dei cambiamenti delle SERP, in termini di dinamicità e vetustà delle ricerche digitate dagli utenti.
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Quando le autorità di mezzo mondo hanno deciso di adottare misure di vario genere per contrastare l’avanzata della pandemia Covid-19, probabilmente, in pochi hanno immaginato sùbito come le cose sarebbero potuto cambiare da lì a poco.
Negozi tradizionali chiusi, vecchie consuetudini frantumate da un giorno all’altro, esplosione degli acquisti online, impennata nella domanda di servizî di consegna a domicilio, riconversioni digitali più o meno «forzose» o riuscite delle attività commerciali: insomma, un vero caos senza precedenti.
Le persone confinate a casa: una rivoluzione nelle abitudini
Da un giorno all’altro, come detto, milioni di individui si sono visti imporre restrizioni/limitazioni sostanziali alle attività quotidiane svolte fuori casa.
In un contesto simile, per un «animale sociale» come l’uomo, l’unica via di fuga all’aberrante monotonia dell’inazione poteva essere quella di usufruire di servizî digitali di ogni natura per soddisfare dei bisogni analogici altrimenti rimasti senza una risposta adeguata.
Abbonamenti a piattaforme di intrattenimento digitali – Netflix et similia hanno registrato crescite record – sottoscrizioni di profili utenti con servizi come Gloovo e tante, tantissime ricerche digitate nei motori di ricerca da parte degli utenti hanno contribuito a dinamicizzare le SERP.
Dalla semplice osservazione dei termini di ricerca restituiti da Google e tanti altri strumenti utili all’attività SEO, ci si è resi conto del cambiamento epocale vissuto nel giro di qualche mese.
L’approccio adottato dalle aziende
In alcuni casi, è stato stupefacente assistere alla manifestazione dello spirito della cosiddetta «arte di arrangiarsi» degl’imprenditori adusi all’esigenza di rivedere i proprî business model canva in funzione delle mutate condizioni di mercato.
Ricordo, ad esempio, come un hard discount avesse messo in piedi un e-commerce un po’ rudimentale – ma efficiente e perfettamente funzionante – sfruttando anche gl’involucri dei prodotti dei fornitori per spedire a domicilio i prodotti ordinati.
Certo, si potrebbe obiettare che si era ben lungi dal proporre la brand identity coerente e curata, con il packaging ad hoc: ma in una situazione come quella, considerazioni superficiali e puntigliose come queste erano decisamente inutili illazioni per nascondere probabilmente un senso di invidia nei confronti dell’intraprendenza e dell’arte del problem solving altrui.
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Al contrario, rammento di aver visto attori della GDO gestire in maniera imbarazzante la propria «interfaccia» (sic!) di acquisto online, delegando ai proprî clienti un job decisamente più consono ad un segretario (lavoratore subordinato) che non ad un acquirente pagante.
Dopo aver fatto la spesa – consultando chilometrici file PDF con una miriade di informazioni – gli utenti si dovevano far carico di compilare un foglio di calcolo ed inviarlo al servizio clienti.
Un approccio decisamente anacronistico nel contesto dell’acquisto online, dove una UX di questo tipo è disseminata di ostacoli tali da rendere lo user/customer journey tutt’altro che agevolato.

Il nuovo corso in SERP: utenti e motori sempre più in sintonia
Determinati cambiamenti di paradigma e di approccio allo svolgimento di attività «peculiariamente analogiche» – che hanno rimesso in discussione le consuetudini pre-pandemie – si sono definitivamente trasformati in prassi consolidate in tanti settori.
L’affermazione di questi nuovi modelli e l’uso intergenerazionale degli strumenti digitali (dalla Gen-Z ai nonni di oggi) hanno portato ad una dinamicizzazione senza precedenti dell’interazione con il motore di ricerca e la sua poliedrica capacità di considerare fasce e segmenti diversi di utenti.
Big G (e affini) si sono trasformati in custodi di query decisamente «effimere» – estremamente mutevoli nel tempo rispetto al passato – imponendo la revisione del modus operandi nelle strategie SEO, soprattutto delle risorse non dinmiche.
Contenuti monolitici e superati dai tempi, incapaci di rispondere in maniera pertinente ed esaustiva alla mutata natura delle domande degl’internauti – sempre più alla ricerca di risposte pertinenti, aggiornate ed esaustive, a prescindere dall’intento transazionale o informativo – sono di colpo diventati il manifesto della «vetustà nell’èra digitale».
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Il destino dei contenuti «statici» vittime della fossilizzazione autoindotta
In un contesto di tale dinamicità, l’impennata del tasso di rimbalzo di internauti frustrati dai risultati mostrati in SERP – nei confronti dei contenuti monolitici – si è tradotta in un clamoroso epitaffio per i portali incapaci di interpretare questa evoluzione.
Pagine apparentemente autorevoli e tanto rilevanti, a causa della loro natura statica ed immutabile, sono state condannate all’«oblio digitale», finendo molto lontano dal magico numero 1 (primi 10 risultati di SERP), quelli che per la quasi totalità degli utenti sono degni di considerazione in seguito alla digitazione di una domanda.
Nel contributo pubblicato circa un mese sul blog – ecco il link su content marketing e schede prodotto, qualora non l’avessi letto – già era stata delineata l’esigenza di considerare attentamente a cosa dare priorità nella strategia di produzione dei contenuti per l’approccio al risultato ottimale con la SEO.
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