Di tanto in tanto, la questione di intelligenza artificiale e diritto d’autore non manca di suscitare perplessità e dubbi, soprattutto, quando l’AI diventa uno strumento per generare contenuto «creativo». Eppure, la legge non lascia spazio a molte interpretazioni al riguardo…
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Quando pensiamo ad un libro, un quadro, una statua, una foto, una canzone, un edificio, un’opera di teatro, un film o anche ad un software, non possiamo fare a meno di considerare la questione della proprietà intellettuale di tutto ciò.
Dal momento in cui una nuova «opera» viene data alla luce da un autore, la stessa gode già di una protezione a livello giuridico. Il cosiddetto «diritto d’autore», con sfumature differenti tra i nostri ordinamenti, contempla un elenco più o meno esteso di ciò che si esemplifica come opera.
Un’opera è considerata tale quando è l’espressione della creatività dell’autore, cioè, quando ha una sua originalità che è impressa sostanzialmente dalla personalità che contraddistingue l’autore.
Intelligenza artificiale e diritto d’autore: un non dibattito
La letteratura, la musica, le arti figurative, l’archittettura, il comparto tecnico-ingegneristico, il teatro e la cinematografia sono solitamente gli àmbiti che vengono in mente quando si pensa alle opere.
Dati questi presupposti, ed inquadrato in modo abbastanza succinto il concetto di opera, non ci resta che chiederci chi – secondo la legge – si possa ritenere un autore. A questo proposito, intelligenza artificiale e diritto d’autore possono avere un riconoscimento nelle leggi?
La risposta è molto semplice e netta: no. Perché?
Semplicemente per un assunto chiaro ed inequivocabile: perché, almeno nella Legge federale sul Diritto d’Autore (in Svizzera), l’autore è una persona fisica. Una definizione che non lascia scampo ad alcun tipo di equivoco, giacché un’AI non rientra nel concetto di persona fisica.
Anche ammettendo che in futuro le sia attribuita una collocazione intermedia tra la persona fisica e quella giuridica – ma qui bisognerebbe poi domandarsi quali sarebbero i criteri per stabilire se esista una cosiddetta forma di intelligenza artificiale forte – per il momento la risposta è univoca.

In altri ordinamenti, le leggi non si soffermano a sottolineare testualmente il fatto che l’autore debba essere una persona fisica. Il concetto è comunque delineato in modo chiaro (o almeno desumibile) tenendo conto di alcune indicazioni presenti negli articoli di legge.
Nel caso italiano, ad esempio, ad una veloce lettura – soprattutto da parte di noi laici – potrebbe balzare immediatamente all’occhio il fatto che non si menzioni la definizione netta di persona fisica.
Tuttavia, la stessa emerge qua e là, ad esempio quando il codice civile fa riferimento al compimento dei 18 anni (età del soggetto), un aspetto che non può essere accostato ad un’intelligenza artificiale.
Allo stesso modo, nella legge specifica sul diritto d’autore si parla di «lavoro intellettuale», un concetto che – di nuovo – non si può attribuire ad una intelligenza artificiale, soprattutto se rientrasse nella definizione di AI debole.
Intelligenza artificiale e diritto d’autore: i cosiddetti diritti morali…
Nelle considerazioni fatte comunemente, si cita spesso il diritto d’autore focalizzando la nostra attenzione solo sull’aspetto del godimento dei diritti di natura economica, spesso dati dalla riproduzione dell’opera (il nudo e crudo copyright).
In realtà, l’autore di un’opera – e quindi a titolo di esempio anche di questo post – gode di una serie di cosiddetti diritti morali, la cui espressione è ovviamente possibile alle persone fisiche, ma non alle intelligenze artificiali.
Ad esempio, l’autore ha il diritto a decidere liberamente se divulgare l’opera, oppure, al riconoscimento della sua paternità o, infine, anche al fatto che non sia oggetto di modifiche e riadattamenti non autorizzati.
Fintantoché ad un’AI non sia riconosciuta una forma di propriocezione, autocoscienza ed altri elementi che la portino a manifestare la cosiddetta capacità giuridica, è difficile immaginare che intelligenza artificiale e diritto d’autore possano trovare un riconoscimento nei codici…
Intelligenza artificiale e diritto d’autore: da dove potrebbe venire l’equivoco…
Nella maggior parte dei casi, le macchine si limitano a riprodurre – in maniera più o meno regolare – delle istruzioni che hanno ricevuto tramite la scrittura di un codice (da parte di un autore umano del software).
Alcune forme di AI – sebbene la questione sia molto dibattuta al riguardo – si spingerebbero ad adottare decisioni autonome rispetto a quanto è prevedibile che riescano a fare secondo la logica derivante dall’addestramento.
Esperti in materia, però, sottolineano che si tratti pur sempre di una «forma evoluta e potente di capacità di calcolo», e non già di una «espressione frutto dell’esperienza di vita» che è invece tipica dell’individuo con una sua personalità, autocoscienza e propriocezione.
Il pensiero dell’autore va infatti ben al di là della mera espressione del risultato casuale di un’istruzione eseguita al di fuori delle probabili e prevedibili combinazioni frutto dell’addestramento della macchina.
Da dove sorge quindi l’equivoco di fondo che sta alla base del fatto che un’AI possa godere del diritto d’autore?
Probabilmente, nel fatto che l’algoritmo sia figlio della creatività umana… Anche in questo caso, però, bisogna sottolineare come NON tutti gli algoritmi siano brevettabili.
E la personalità non può essere «trasmessa» – prendendo in prestito la collodiana visione – dal falegname Geppetto (l’autore del software) a Pinocchio (l’algoritmo), dando vita ad un rapporto di filiazione che permetta all’AI di godere dei diritti (tra i quali quello di autore) che spetterebbero ad un figlio…
Sebbene sia un modo un po’ simpatico e pittoresco per rendere l’idea, credo che sia abbastanza chiaro per aiutarci a separare in modo chiaro i limiti esistenti tra intelligenza artificiale e diritto d’autore in senso classico.
Giunti alla fine di questa mia riflessione in tema, desidero che tutti noi si possa trascorrere un felice periodo natalizio, il più possibile sereno e non inquinato dalle preoccupazioni e le discordanze che hanno contraddistinto questi ultimi difficili anni…