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Google Coati manda in pensione il «vecchio Panda»

Google Coati è il nome dell’ultimo aggiornamento rilasciato da Big all’algoritmo madre del più famoso motore di ricerca, che segna il tramonto dell’epoca segnata da Panda: ma cerchiamo di saperne qualcosa in più su questa novità di Mountain View…

Nel mondo dell’ottimizzazione SEO, le evoluzioni del cosiddetto «algoritmo madre» di Big G rappresentano sempre la «next big thing» di cui tenere conto nell’elaborare le strategie di ottimizzazione per questo particolare motore di ricerca.

Quando nel 2011 l’azienda di Mountain View lanciò il suo algoritmo Panda, questa evoluzione dell’algoritmo venne citata da più parte come una contromisura per la lotta contro le cosiddette content farm che spopolavano nel mondo del web, proponendo del contenuto a scarso valore aggiunto.

Il problema del contenuto di scarso valore si sta ripresentando ai giorni nostri in una forma differente rispetto a quella di allora: in questo periodo storico, sono i contenuti generati automaticamente con le AI ad essere oggetto dell’azione di contrasto allo spam da parte di Google.

La vecchia questione dello spam è ben lungi dall’essere risolta…

Google Panda, nonostante i tanti aggiornamenti ricevuti nel tempo (Big G ne ha indicati 29), non si è mai imposto come una soluzione così efficace – almeno nel nostro contesto linguistico-geografico – rispetto a quanto, secondo diverse fonti autorevoli del comparto SEO, abbia fatto negli USA.

google coati lotta contro lo spam

Google Coati: l’evoluzione dell’algoritmo passa per gli animali…

La notizia dell’arrivo di Google Coati, però, non è trapelata immediatamente in maniera per così dire ordinaria tramite il blog di Big G. Search Engine Land, l’autorevole portale dei SEO, ha riportato le parole di Hyung-Jin Kim (VP di Google Search) durante un evento online:

«Coati non dev’essere ritenuto alla stregua di un core update, bensì come parte integrante dell’algoritmo madre di ranking.»

Sebbene non ci siano dettagli più interessanti su questa evoluzione dell’algoritmo madre di Big G, non sono in pochi a sottolineare che per Mountain View si tratti di un ulteriore passo avanti nella lotta contro l’avanzata inarrestabile dei contenuti a scarso valore aggiunto.

Del resto, già nel corso di quest’anno l’azienda statunitense ha impresso una svolta netta nella sua politica di contrasto allo spam con il suo Helpful Content Update, altro tentativo importante per arginare il dilagare dello spam nelle SERP, una problematica non indifferente per gli internauti.

Cosa aspettarsi da Google Coati?

Di certezze su Google Coati non ve ne sono di alcun tipo: già il semplice fatto che questo dato sia trapelato soltanto durante un evento online, anziché tramite il consueto aggiornamento del blog di Google Search è abbastanza significativo.

Big G sta saggiamente investendo risorse nell’implementazione di funzioni che migliorino l’esperienza di ricerca da parte dell’utente tramite il suo motore di ricerca: oltre a far avanzare i progetti che riguardano Google Image, però, l’azienda statunitense non trascura la ricerca testuale.

Per quanto il coinvolgimento di Lens in una più evoluta esperienza di ricerca da parte degli utenti di Big G sia ritenuta un’incontrovertibile prova del fatto che in California abbiano ben in chiaro i piani futuri, l’azienda americana fronteggia le emergenze contingenti con altrettanto piglio.

Del resto, lo spam in SERP non fa altro che rendere insoddisfacente l’esperienza di uso del motore di ricerca: contenuti non pertinenti trai primi risultati – posti in quella posizione ingannando l’algoritmo – finiscono per essere proposti come risposte ottimali agli intenti di ricerca delle persone, intaccando il primato di Big G.

Non dimentichiamoci del peso specifico di Google Search (nel panorama dei motori di ricerca più diffusi al mondo) e del suo ruolo preponderante nel rispondere a key di natura informazionale: all’interno del motore di ricerca di Big G, 8 richieste su 10 sono di questo tipo.

Restituire informazioni fuorvianti o insoddisfacenti nel primo passo del journey, non è sicuramente l’incipit ideale per una relazione di lungo corso tra un utente desideroso di ottenere un’informazione utile (e che la può reperire con l’ausilio di altri strumenti) e una big tech company che, a partire da quei dati, deve sostenere un vero e proprio impero…